Un uomo libero

Ero giovane e mi sentivo forte. Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: “Io sono a disposizione di chi mi vuole. Chi mi prende?”.

Mi lanciai sulla strada selciata. Sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re. “Ti prendo io al mio servizio”, disse fermando il corteo. “E in compenso ti metterò a parte della mia potenza”. Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare.
“Io sono a disposizione di tutti. Chi mi vuole?”.

Nel pomeriggio assolato, un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: “Ti assumo io, per i miei affari. E ti compenserò a suon di rupie sonanti”. E cominciò a snocciolarmi le sue monete d’oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. E mi voltai dall’altra parte.

La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse: “Ti prendo io e ti compenserò col mio sorriso”. Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense e la fanciulla dileguò nell’ombra. Passai la notte disteso sull’erba, e la mattina ero madido di rugiada.
“Io sono a disposizione… Chi mi vuole?”.

Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un bambino che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse. “Ti prendo io”, disse, “e in cambio non ti darò niente”. Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: “Non posso, sono impegnato”.

E da quel giorno mi sentii un uomo libero.

Tratto dagli scritti di Tagore

Il miglior manifesto di cosa voglia dire educare. Scegliere di stare affianco ad un ragazzo e non pretendere nulla in cambio. Nulla, nel senso contrario di quello che noi intendiamo correntemente per “qualcosa”: denaro, carriera, privilegi sociali,…

Ma in quel “nulla in cambio”, nella condizione della gratuità, ci sta tutto il senso del termine “educare”, ossia “ex-ducere, tirare fuori”. Quelle cose che aiuti a fare uscire, a maturare, buone o cattive che possano sembrare, sono di per sé la più grande ricompensa che si possa avere: aiutare e vedere un’altra persona crescere e diventare sé stessa. Cosa si pretende di più?

Educare non è un obbligo, è un impegno, non è un badare, ma è un giocare insieme, non è svolgere una mansione, ma è un mettersi al servizio.

Spero che chi, come me, con passione fa l’educatore capisca, apprezzi e faccia suo quello che vuol dire essere educatore.

 

PHOTO CREDIT:

Filippo Pasquini, 09/04/2017, Marina Centro (Rimini)

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